Gli Eremitani Agostiniani a Leonessa

Gli Eremitani Agostiniani a Leonessa

La presenza degli agostiniani a Leonessa va inserita nel più ampio contesto della storia dell’Ordine nel centro Italia, con particolare riferimento ad alcuni insediamenti nelle città e nei paesi limitrofi. Tra questi conventi il più antico è quello di Spoleto risalente al 1251, al quale seguono quelli di Terni (1252) dell’Aquila del 1282, sotto il dominio di Carlo I d’Angiò, al cui si deve anche la fondazione di Leonessa nel 1278. Il convento di Sant’Agostino del capoluogo abruzzese fu aggregato alla Provincia agostiniana di Valle Spoleto con sede a Spoleto nel 1287, cinque anni dopo la sua fondazione.i

Alla prima metà del XIV secolo risalgono gli insediamenti di Norcia (1300), Amatrice (1330), Cascia (1344), Cerreto (1326), Cittaducale (1350), Rieti 1353.ii Del 1380 e del 1397 sono gli insediamenti di Antrodoco e Posta; mentre risale alla prima metà del secolo successivo, precisamente al 1426, quello di Cantalice. Secondo la stessa fonte (Dizionario degli Istituti di Perfezione), il convento di Leonessa è da collocare nello stesso periodo (1420). Tutti questi conventi furono aggregati nella Provincia Spoletana fino al 1770 allorché fu costituita la nuova Provincia Aquilana, con decreto del 18 gennaio emanato dal Priore Fr. Francesco Saverio Vazquez Alla nuova istituzione, che ebbe sede nell’imponente convento di Sant’Agostino all’Aquila, furono aggregati ben otto Conventi dell’ex Provincia Spoletana: Amatrice, Antrodoco, Cantalice, Cittaducale, Leonessa, Montereale, Posta e Turano. Così furono riuniti sotto la Provincia Aquilana tutti i Conventi Agostiniani del Regno delle due Sicilie, rientrati nella giurisdizione civile della Provincia dell’Abruzzo Ulteriore secondo di quel regno.iii

In merito alla presenza dell’Ordine nel territorio di Leonessa riteniamo che essa vada collocata assai precedentemente alla data proposta sopra. Infatti, stando ad un documento, seppure di seconda mano, già prima del 1238 alcuni eremiti probabilmente osservanti la regola di Sant’Agostino abitavano il convento di Sant’Egidio di Vallonina a 4 miglia da Leonessa:”La fondazione di questo antichissimo Cenobio [Sant’Egidio] appartenente alla provincia dell’Umbria, finora ignota a tutti gli scrittori, pare sia avvenuta prima dell’anno 1238. Mentre in questo anno 1729 tenevo la predicazione quaresimale in questa Chiesa, spessissimo ho visto gli sportelli di un tabernacolo di legno, sotto il quale, prima del terremoto dell’anno 1703, si venerava una statua lignea di Santa Caterina. Su questa tavola vidi dipinto da un eremita agostiniano le seguenti parole scritte in caratteri gotici << Questa santa Caterina fo fatta fare per le mani di Frate Vincenzo da Pianezza [antico castrum, attualmente frazione di Leonessa] 1238, mo è fatta refare per le mani di Frate Diodato Priore 1396>>.iv

Una conferma in tal senso proviene da un documento dell’Archivio di Stato dell’Aquila non troppo leggibile, datato 1863, nel quale si trova scritto che il convento eè stato fondato nel 1240 «con i beni dell’antico convento di Vallonina e da elargizioni di particolari (di privati cittadini)». È comunque possibile che gli agostiniani riutilizzassero un edificio preesistente e solo più tardi decidessero di innalzare una chiesa più grande e più consona anche al ruolo importante che essi stavano assumendo a Leonessa. Inoltre, l’essere innanzitutto degli eremiti gioca a favore di una datazione molto antica dell’insediamento; siamo certi che i frati sono presenti già nel secolo XIII sul territorio montuoso a confine con la regione umbra da una parte e abruzzese dall’altra, aree ben note per aver dato il maggior contributo, in termini di ambiente e di uomini, alla corrente mendicante.

Un’altra fonte, invece, da per sicuro che prima ancora della fondazione di Leonessa era sorto un convento di eremitani di Sant’Agostino, nei pressi dell’antica chiesa di Santa Maria.v

Citazioni scritte di prima mano, risalenti al XIV secolo, si trovano nel Registro di Gregorio da Rimini, del 1357 – nel quale è menzionato un fratrem Vincentium de Gonessa – e negli Statuti di Leonessa del 1378, nei quali sono citati chiesa e convento chiamati promiscuamente <<Ecclesia S. Petri/ Ecclesia S. Agustini>> e <<Conventus Santi Petri>>.vi

Ad ulteriore conferma dei documenti suddetti è il rinvenimento di alcune importanti antiche membrature architettoniche, databili tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV, durante i lavori eseguiti nel 1960 dalla Soprintendenza ai Monumenti di Roma, nel coro della chiesa agostiniana di San Pietro. Si tratta di una parte di pseudo transetto, con cappella pentagonale sulla testata con volta a crociera con costoloni “morbidi” (XIII-XIV secolo), e mezza cappella pertinente, forse, ad una scomparsa navata.vii Al tre-quattrocento sono da far risalire anche alcuni affreschi (tra cui i più conservati San Nicola da Bari e San Nicola da Tolentino), che ornano le pareti della Cappella suddetta, riportati in luce negli stessi lavori.

La costruzione del Convento – di cui rimangono alcuni antichi edifici voltati a botte (adibiti a magazzini privati) e qualche raffinata colonna, databili tra XIII e XIV secolo – fu ultimata nel XV secolo, contestualmente all’attigua chiesa di San Pietro. Il Monastero era formato da un chiostro assai capace con loggia sotto e sopra e con un orto contiguo. Al piano terra vi era il refettorio, la dispensa, la cucina, la cantina, il granaio, la legnaia, la stanza per l’olio, e la stalla, mentre al piano superiore vi erano le 24 stanze, compreso l’appartamento del Priore e la biblioteca. Un corridoio disposto a croce immetteva nel loggiato. Il numero dei monaci variava tra gli otto e i dodici a seconda delle esigenze della comunità.viii

Dopo la fondazione di Leonessa gli Agostiniani fecero del loro Convento un potente e ricco centro monastico, con possedimenti sparsi nell’alta Sabina: Città Ducale, Cantalice, Poggio Bustone, Amatrice, Accumuli, Posta, e nella stessa Leonessa. A conferma dell’importanza del monastero basti dire che nel 1423 vi si celebrò il Capitolo Provinciale della valle Spoletana.

Tra i religiosi illustri del Convento vi fu il predicatore e scrittore Fra Agostino Campelli, nativo di Leonessa, vissuto tra la fine del XIV secolo e la prima metà del XV. Per i suoi meriti verso la San Sede fu nominato Vescovo di Bova in Calabria. Morì a Roma il 22 agosto del 1435, fu seppellito nella chiesa di Sant’Agostino nella soglia della porta maggiore. Vi fu scolpita in lapide l’effigie di lui coll’arme gentilizia, consistente in un bue rosso in campo d’argento, con modesta iscrizione.ix “L’epitaffio di lui, già esistente in detta chiesa, suonava così: Hic jiacet corpus Rev mi in Christo Patris e Dominus Domini Augustini Campelli de Gonessa Ord Heremitarum Episcopi Bovem, qui obiit an. MCCCCXXXV die XXII Augusti cuius anima requiscat in pace.”x

Nel 1584 L’Università di Leonessa affidò in custodia al monastero di San Pietro il patrimonio librario ricevuto in lascito dall’Agostiniano di Leonessa Manfredo Giudici (m 1567), affinché, secondo le volontà del monaco, vi si facesse una biblioteca pubblica. Fu, decisamente, questo un provvedimento fuori dall’ordinario, che dimostra quanto elevato doveva essere il livello culturale e civile della città.

Il terremoto del 1703 provocò gravissimi danni al Convento e soprattutto alla chiesa di San Pietro: crollarono le due navate laterali e l’abside, così l’edificio sacro fu ricostruito ad unica navata in stile barocco come si presenta oggi.

Come accennato sopra, nel gennaio del 1770 il Convento fu aggregato alla nuova Provincia Monastica Aquilana; il primo Capitolo Provinciale dell’Ordine si svolse proprio a Leonessa, il 6 maggio dello stesso anno, confermando l’importanza del Convento.

Nel 1809 la Provincia Monastica dell’Aquila, insieme a molte altre del Regno di Napoli, fu soppressa con tutti i suoi conventi negli Abruzzi, fra cui quello di Leonessa, con Regio Decreto del 7 agosto 1809, n° 448, di Gioacchino Murat (cognato di Napoleone). L’articolo 5° prescriveva che:”Per tutto il 15 ottobre prossimo usciranno dai monasteri e deporranno l’abito dell’Ordine […], i sacerdoti e gli altri ordinati in sacris vestiranno l’abito di preti, formeranno parte del clero secolare e potranno concorrere alle porzioni laiche, ai benefizi e a qualunque carica ecclesiastica ecc.”.

Tra tutti i religiosi agostiniani della Provincia dell’Aquila, “Solo alcuni, vestiti da preti, riuscirono a rimanere a custodia delle proprie chiese. A Leonessa saranno P. Manfredo Giudici, ultimo Provinciale degli Abruzzi, e P. Nicola Antonelli.”xi

Il Convento fu affidato al Comune di Leonessa, che dal 1814 lo adibì a diversi usi tra cui a prigione e a sede della “giustizia di pace”.

Con la Restaurazione (congresso di Vienna, 1816) e il conseguente ritorno a Napoli dei Borboni, Ferdinando IV volendo riparare i mali di tanti anni di guerra, degli anni dell’occupazione francese e delle spogliazioni da questi commesse nei confronti dei religiosi, siglò un concordato con la Santa Sedexii – firmato a Terracina il 16 febbraio 1818 e pubblicato il giorno di Pasqua dello stesso anno – che regolava l’ordinamento e la vita degli ordini religiosi con l’articolo 14, nel quale si affermava che “Le attuali ristrette circostanze economiche del patrimonio regolare non alienato, e trovato da Sua Maestà al suo ritorno nell’amministrazione del così detto Demanio,non permettendo di ripristinare tutte le case religiose dell’uno e dell’altro sesso, le medesime verranno ripristinate in quel maggior numero che sarà compatibile co’ mezzi di dotazione, e specialmente le case di quegl’Istituti che sono addetti alla istruzione della gioventù nella religione e nelle lettere, alla cura degli infermi ed alla predicazione. I beni dei regolari possidenti, non alienati, saranno con debita proporzione ripartiti fra i conventi da riaprirsi, senza aver alcun riguardo a titoli delle antiche proprietà, che in vigore del presente articolo tutti restano estinti. I locali religiosi non alienati, eccetto quelli interamente addetti ad usi pubblici, se per mancanza di mezzi non potranno ripristinarsi, formeranno parte del patrimonio regolare; ed essendovi l’utilità del detto patrimonio, potranno anche alienarsi colla condizione che il prezzo che se ne ritrarrà, debba surrogarsi in vantaggio del patrimonio medesimo. Si aumenterà il numero dei conventi tuttavia esistenti dei religiosi Osservanti, Riformati, Alcantarini e Cappuccini, qualora le circostanze ed il bisogno delle popolazioni lo richieggano. Fissate le rendite e le località già enunciate, sarà libera la vestizione dei novizi degli ordini regolari possidenti e delle Monache in proporzione dei mezzi di sussistenza, come allo stesso modo sarà libera la vestizione dei novizi pe’ religiosi mendicanti.”.xiii

Pubblicato il concordato, nella speranza di far rivivere le proprie Province, immediatamente i PP. Manfredo Giudici e Girolamo Maffione si rivolgono al P. Generale Settimio Rotelli chiedendo la conferma della rispettiva elezione avvenuta alcuni mesi prima della soppressione e chiedendo contemporaneamente la facoltà di poter trattare col governo a nome dell’Ordine. Il P. Generale provvisoriamente confermò nei rispettivi uffici i suddetti PP. obbligandoli però a dipendere da un suo delegato.

Nel 1820 fu riaperto il Convento di Leonessa, e sul finire dell’anno seguente fu in esso avviato il noviziato.Con la riapertura dei noviziati di Leonessa prima e con quella degli studendati dell’Aquila, parve che la Provincia Aquilana fosse tornata nel pieno delle sua attività.

Nel 1823 il Padre Generale Giuseppe Cerbone da Afragola. decise costituire due Provincie nel Regno di Napoli: una con tutti i conventi della Campania e degli Abruzzi; l’altra con i conventi della Puglia, Basilicata e Calabria. Nel settembre del 1824 ottenne il permesso della Santa Sede, tuttavia quando si trattò di attivare il progetto si risvegliarono antichi dissensi poi risolti.

Il 19 maggio del 1827, nel convento di Sant’Agostino alla Zecca, di Napoli si tenne il Capitolo Provinciale che nominò, tra gli altri, P. Manfredo Giudici Definitore dei novizi. Inoltre furono formate le famiglie religiose dei singoli conventi, tra cui quella di Leonessa composta di otto religiosi con a capo Manfredo Giudici.xiv

Con le leggi di soppressione emanate all’indomani dell’Unità d’Italia, il Convento di Leonessa, nel 1865, fu chiuso e venduto, insieme agli orti, ai leonessani fratelli Antonelli per 1200 Lire. Tuttavia, il Convento è ancora citato nell’Elenco dei conventi del Regno del 1938.xv

Attualmente del Monastero sono rimasti alcuni ambienti adibiti a casa e a teatrino parrocchiale, due chiostri interni, il suggestivo panoramico loggiato (XIV-XV secolo), che si affaccia sulla Valle del Tascino; ed altri edifici di proprietà privata, con entrata nei pressi di porta Aquilana.

AGOSTINIANI ILLUSTRI DI LEONESSA

Agostino Campelli (Leonessa fine XIV secolo Roma 1435)

Per i suoi meriti verso la Santa Sede fu nominato Vescovo di Bova in Calabria. Morì a Roma il 22 agosto del 1435. Fu seppellito nella chiesa di Sant’Agostino nella soglia della porta maggiore, dove una lapide recava il suo stemma vescovile, consistente in un bue rosso in campo d’argento, con modesta iscrizione.i “L’epitaffio di lui, già esistente in detta chiesa, suonava così: Hic jiacet corpus Rev mi in Christo Patris e Dominus Domini Augustini Campelli de Gonessa Ord Heremitarum Episcopi Bovem, qui obiit an. MCCCCXXXV die XXII Augusti cuius anima requiscat in pace.”ii

Manfredo Giudici (Leonessa inizi XVI secolo; Leonessa 1567)

Apparteneva ad una facoltosa famiglia di mercanti di lana, di cui rimane oggi ancora un sontuoso palazzetto in Via San Francesco. Maturò la sua scelta di indossare il saio agostiniano, leggendo le opere e conoscendo le gesta del Beato Antonio Turriani (+ 24 luglio del 1494). Svolse il noviziato presso la Congregazione degli Eremiti di Lecceto a Siena, dove il 12 luglio 1534 prese l’abito Agostiniano mutando il nome da Benedetto in Manfredo. Compiuto il noviziato e fatta la solenne Professione di fronte al Vicario Generale, imitò pariamente il beato Antonio Turriani dell’Aquila. Dice di Frate Manfredo, il Priore del convento di Lecceto: ”Fu Uomo di somma Pietà e Santità, Professore di umiltà, onestade, e penitenza in grado veramente supremo”.iii Tornato a Leonessa, nel 1538 riedificò (sui resti di un precedente nucleo monastico), aiutato dal fratello germano Brunetto, il convento di Sant’Egidio di Vallonina, dove in odore di santità morì nel 1567 e fu sepolto. Poco dopo il suo corpo fu trafugato da alcuni mietitori marchigiani e portato nella Chiesa Matrice di Offida, dove nel XVIII secolo ancora vi si trovava. Il Giudici possedeva una fornitissima collezione di volumi che donò all’Università di Leonessa per allestirvi una pubblica biblioteca ad uso della comunità; cosa che le Autorità cittadine realizzarono solo nel 1584. Parte dei libri sono tuttora conservati presso la biblioteca comunale di Leonessa.

Note:

iR. Trincheri, L’Ordine di S. Agostino in Abruzzo, Bullettino della Deputazione abbruzzese di Storia Patria,serie V, a XXXII-XXXIV, voll. 3-5 (1941-1943), pp 115-201.

iiDizionario.. cit

iiiTricheri, cit.

ivP. Antonino da Leonessa, Il beato Manfredo Giudici agostiniano, “Leonessa e il suo Santo” p 32-35. Nell’articolo l’A. cita come fonte “La Vita del Beato Antonio Turriani” del P. Giov. Battista Cotta, trovato nel monastero di San Bernardo all’Aquila.

vCristina Rossini, La Sabina e le città di nuova fondazione, in AAVV, Leonessa, storia e cultura di un centro di confine, pp 46-47. L’autrice, però, non cita le fonti delle sue affermazioni.

viChiaretti, cit. p 24.

viiG. Carbonara, Lo spazio dell’umiltà,

viiiArchivio Gen, dell’Ordine di Roma, relazione del 1644, al papa Innocenzo X, p. 246, Rip. in Trincheri, Cit.

ixL. Antinori, Storia di Leonessa, “Leonessa e il suo Santo”, 67, 1975, p 108.

xTricheri, cit. Come fonte cita V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e di altri edifici di Roma, Vol V, Roma 1874, p. 7, n 5.

xiCherubino Testa, La restaurazione dell’Ordine agostiniano nel Regno di Napoli.

xii“Rivolgeremo i nostri primi sguardi sullo stato della nostra sacrosanta religione e vedemmo il bisogno di dirigere tutte le nostre cure al riordinamento delle cose ecclesiastiche, che durante la nostra assenza erano state nella calamità dei tempi neglette. A questa nostra sollecitudine ha corrisposto con tutta la purità del suo evangelico zelo il Santissimo Sommo Pontefice Pio VII. Quindi è stato con la più viva alacrità del nostro reale animo felicemente conchiuso tra noi e S. Santità un solenne concordato” (Testa cit).

xiiiIbidem

xivIbidem

xvIbidem

xviL.A. Antinori, Storia di Leonessa, “Leonessa e il suo Santo”, 67, 1975, p 108.

xviiTricheri, cit. Come fonte cita V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e di altri edifici di Roma, Vol V, Roma 1874, p. 7, n 5.

xviiiP- Antonino cit p 34

(Luigi Nicoli, Storico e Direttore Editoriale www.confraternitapietaegrazieleonessa.it )

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